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Nuovo modello contrattuale: Stop alle deroghe che ledono i diritti

Stop alle deroghe che ledono diritti universali e un contratto nazionale collettivo di lavoro meno prescrittivo e più flessibile, capace di garantire i diritti e regole fondamentali nel lavoro. Meno contratti nazionali per unificare un mondo del lavoro troppo frammentato e precario. Valorizzare la contrattazione di azienda, filiera e territorio per tutelare meglio le condizioni di lavoro là dove avvengono i processi di riorganizzazione delle imprese: queste le basi su cui sta lavorando la Cgil per un nuovo modello contrattuale che sia in grado di affrontare i problemi del futuro.
In queste ore si sta infatti giocando una partita fondamentale per i lavoratori, per le loro "tasche", per i diritti conquistati negli anni e per l’organizzazione del lavoro quotidiano. E’ la partita delle regole per fare i contratti e della verifica democratica della rappresentanza e del consenso indispensabili per sancire gli accordi. Le recenti vicende della Fiat hanno rotto una tradizione di unità - diconoalla Cgil - imposto accordi separati al ribasso e posto a tutti il problema di decidere una volta per tutte chi ha il diritto di firmare accordi e per chi.
Nei prossimi giorni si terranno i primi incontri fra Confindustria e sindacato per affrontare i nodi ormai venuti al pettine in tutta la loro urgenza. Con una difficoltà in più, si fa notare, il Governo invece di fare l’arbitro spinge per escludere la Cgil e «minaccia addirittura un ulteriore blocco dei contratti pubblici».
La discussione si è avvitata su se stessa nel 2009 con Cisl, Uil e Confindustria che hanno dato il via libera ad un accordo - fortemente voluto anche dal Governo - che «impoverisce il contratto nazionale e lascia nell’incertezza la contrattazione aziendale».
La Cgil ha detto no a quell’accordo e ha dato vita ad una fase di mobilitazione che ha vissuto tappe significative con il culmine nello sciopero generale del 6 maggio. A Piacenza furono circa 1.500 i lavoratori scesi in sciopero: un grande successo per l’organizzazione di via XXIV Maggio.
Di questi argomenti ha discusso nei giorni scorsi l’Attivo dei delegati della Camera del Lavoro di Piacenza. L’assemblea, molto partecipata, è stata aperta dal segretario generale della Cgil di Piacenza Paolo Lanna e chiusa dal responsabile nazionale della contrattazione Salvatore Barone. Dal dibattito è emersa chiara la sfida che la Cgil lancia sulla contrattazione. «Ci troviamo ancora nella fase di apertura di un terreno di confronto con le controparti imprenditoriali e governative - ha spiegato Lanna - dobbiamo ragionare su ciò che ci serve per contrattare meglio, per migliorare i redditi, le condizioni di lavoro e contrastare il precariato e su come vorremmo la nostra contrattazione di domani sapendo che le regole contrattuali non sono mai fini a se stesse né valide per sempre, ma sono frutto delle condizioni economico-finanziarie e delle dinamiche contrattuali di un determinato periodo storico».
Nell’accordo separato del 2009, secondo Lanna manca un’idea di relazioni industriali: «Ci sono delle strategie scollegate con ciò che sta accadendo nel modo del lavoro, è un accordo raggiunto da un sindacato che ha rinunciato alla propria funzione primaria: la contrattazione per ripiegare nella gestione. Oggi dunque il nostro compito è quello di rilanciare l’idea di un sindacato che contratta prestando allo stesso tempo forte attenzione al contesto. Proponiamo alle nostre controparti un nuovo modello di relazioni industriali fondato su un obiettivo, unificante: la crescita e lo sviluppo di qualità». «Una crescita di qualità che come tale deve essere accompagnata da nuove regole contrattuali per la democrazia e la rappresentanza nei posti di lavoro, una crescita che alla base deve avere regole condivise per gestire le differenze e i punti di divergenza con Cisl e Uil».
Per fare questo, secondo la Cgil è necessario «mantenere il contratto che non può essere derogato nei contenuti da un lato, e dall’altro che si valorizzi la contrattazione territoriale per garantire le peculiarità delle diverse aree». Il contratto nazionale deve stabilire dei diritti riconosciuti a tutti i livelli mentre il contratto di secondo livello deve entrare nel merito delle specificità aziendali. Il segretario nazionale Salvatore Barone ha ribadito in chiusura alcuni punti-chiave della proposta della Cgil, partendo anche dal «risveglio in atto nel Paese» dimostrato dai risultati dei Referendum. «Questo risveglio non può prescindere da una nuova forma di rappresentanza sociale, anche e soprattutto nel mondo del lavoro».
La crisi economica è stata declinata da Barone attraverso alcuni numeri chiave. «La richiesta mensile della Cassa integrazione negli ultimi due anni è stata in media di 100 milioni di ore, i lavoratori fermi con zero ore di lavoro sono 500mila, a cui si aggiungono i giovani, il cui tasso di disoccupazione raggiunge il 30 per cento».